Coinvolgere i genitori migliora i risultati della terapia. Lo dimostra lo studio EPI-BOND condotto da IRCCS Fondazione Mondino, IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (LC) e Università di Brescia.
La ricerca ministeriale finalizzata EPI-BOND (Early Parenting Intervention – Biobehavioral Outcomes in infants with Neurodevelopmental Disabilities), condotto da IRCCS Fondazione Mondino, da IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (LC) e da Università di Brescia – mostra che il coinvolgimento attivo del genitore è decisivo nel portare a un netto miglioramento dell’ efficacia delle terapie offerte nei primi anni di vita ai bambini con problemi del neurosviluppo o a rischio evolutivo.
Un programma di 8 sessioni di video-feedback con un approccio collaborativo, rivolto a madri di bambini 0-2 anni con una neurodisabilità dello sviluppo, ha prodotto un miglioramento qualitativo del coinvolgimento emotivo del genitore, con benefici anche per il bambino, che è risultato più interattivo e meno irritabile nel corso delle sessioni terapeutiche.
Lo studio ha coinvolto 45 famiglie con bambini con disabilità grave da 0 ai 2 anni (20 femmine e 17 maschi, di età compresa tra 6 e 25 mesi) con diverse condizioni cliniche, tra cui paralisi cerebrale infantile, sindromi genetiche con ritardo psicomotorio, malattie metaboliche, gravi lesioni cerebrali legate alla nascita pretermine. Per ognuna delle famiglie, si è definito un percorso di 8 sessioni videoregistrate di interazione e gioco mamma/bambino, a cui è seguita una analisi del materiale video in cui il genitore è accompagnato dallo psicologo per cogliere dettagli salienti e avviare una riflessione su cosa è maggiormente funzionale nell’interazione.
Nel campione sono stati riscontrati diversi cambiamenti, in un arco di tempo relativamente breve: i dati suggeriscono che il miglioramento delle competenze genitoriali durante i primi anni di vita del bambino può avere un impatto sulla regolazione dell’espressione genica del DNA.
Rendendo quindi più efficace e positivo il comportamento del genitore, è possibile aumentare l’efficacia delle ore di terapia a disposizione del bambino, massimizzando i risultati in quella finestra temporale in cui la plasticità cerebrale consente di ottenere i risultati migliori. Coinvolgere i genitori, affiancarli e assisterli nello svolgimento ottimale del loro ruolo, moltiplica le occasioni di apprendimento nella quotidianità del bambino.
“È importante offrire a queste famiglie un intervento precoce centrato sulla promozione delle potenzialità relazionali di ogni mamma e ogni papà – spiega Rosario Montirosso, Responsabile del Progetto EPI-BOND e del Centro 0-3 per il bambino a rischio evolutivo dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini (LC) – Non basta che i genitori siano semplicemente informati sugli sviluppi degli interventi specialistici, è fondamentale che siano parte integrante ed attiva dell’intervento. In questa prospettiva il cambio di passo nel lavoro riabilitativo consiste non tanto nel che cosa e nel come viene fatto direttamente per i bambini, ma soprattutto nel che cosa e nel come viene fatto con i loro genitori”.
“I genitori affrontano un carico emotivo significativo – spiega Elisa Fazzi, Presidente SINPIA e Direttrice dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Asst Spedali Civili di Brescia – “che si manifesta con alti livelli di stress, sintomi depressivi e ansiosi. I segnali comunicativi dei loro bambini possono essere poco chiari e difficili da interpretare, anche a causa del fatto che a volte l’espressività mimico-facciale è meno decifrabile”.
Le neurodisabilità complesse sono un campo poco frequentato dalla ricerca: “Eppure si stima che ogni anno circa 53 milioni di bambini in tutto il mondo ricevano una diagnosi di disabilità, che costituisce il 13% dei problemi di salute dei bambini – aggiunge Simona Orcesi, neuropsichiatra infantile alla Fondazione C. Mondino e Docente di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università di Pavia – Ecco perché è fondamentale avere dati sull’efficacia degli interventi precoci”.
