Ad oggi l’uso sperimentale in neurologia e psichiatria di metodiche quali la stimolazione magnetica transcranica e la stimolazione transcranica a corrente continua ha evidenziato risultati tendenzialmente positivi, quando utilizzate singolarmente, ma non ci sono esperienze di impiego integrato con altre risorse terapeutiche
Le recenti acquisizioni in campo neuroscientifico hanno permesso di identificare con maggiore accuratezza la struttura, il funzionamento e la connessione reciproca di zone cerebrali discrete che governano elementi specifici come aspetti cognitivi, memoria, dolore e attività motoria: pertanto, rispetto alle osservazioni pionieristiche di Galvani, Aldini e altri ricercatori, attualmente siamo in grado di comprendere con un migliore livello di affidabilità quali possono essere i risultati dell’applicazione di tecniche fisiche sulla modulazione della trasmissione nervosa nel sistema nervoso centrale e periferico.
Le due principali metodologie attualmente impiegate sono la stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS) e la stimolazione magnetica transacranica ripetuta (rTMS): entrambe hanno un effetto di condizionare la trasmissione elettrica neuronale in aree cerebrali specifiche in funzione del posizionamento degli elettrodi/magneti secondo lo standard internazionale 10-20 utilizzato in elettroencefalografia. Le principali differenze delle due metodologie sono rappresentate dalla natura dello stimolo, dalla profondità del tessuto cerebrale raggiungibile e da specifiche tecniche di protocollo terapeutico (intensità e durata dello stimolo, cadenza delle sedute) attualmente adottate in ambito di ricerca.
L’attuale letteratura scientifica di riferimento riconosce la presenza di un grado di efficacia maggiore per la rTMS rispetto alla tDCS, ma quest’ultima è stata sperimentata su un numero più limitato di soggetti. Gli ambiti di interesse sono in parte sovrapponibili e fanno riferimento a patologie neurologiche e psichiatriche come il dolore, la schizofrenia, la depressione, il morbo di Parkinson e l’Alzheimer, ma sono state studiate con particolare riferimento anche nelle situazioni di disturbo da dipendenza, sia correlato a sostanze che comportamentali.